Distribuzione Gaussiana e Dungeons & Dragons

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Dungeons & Dragons ha ormai quasi raggiunto i 50 anni di età e, nelle sue svariate edizioni, ha visto moltissime meccaniche cambiare: elfi, nani e halfling, nate come classi a se stanti, sono divenute stirpi da associare, al pari degli umani, a uno specifico mestiere; gli incantesimi hanno vissuto fasi estremamente lontani dalla magia vanciana, con la 4 edizione, per poi riavvicinarsi nella quinta, pur con maggiore flessibilità sugli slot incantesimo; gli allineamenti, da una condizione essenziale tanto da fornire un’intera lingua separata, si sono dapprima espansi e poi sono divenuti praticamente opzionali…

Tuttavia ci sono alcuni elementi che hanno attraversato, quasi intonsi, tutta la storia del gioco: tra essi spiccano i sei punteggi di abilità, che da sempre usano il “10” come valore per indicare il punteggio dell’”umano medio” e, alla creazione del pg, non superano mai i 18-20 punti.
Ma come funziona la matematica per produrre questi punteggi e in che modo si confronta con le caratteristiche della popolazione nel mondo reale? Andiamo a scoprirlo assieme!

Tre dadi a sei facce

Sin dalle primissime edizioni di D&D, le sei caratteristiche (Forza, Costituzione, Destrezza, Intelligenza, Saggezza e Carisma) hanno avuto, come metodo principale di generazione, il lancio di tre dadi a sei facce, sommando i risultati. Per quanto gli effetti meccanici di questi valori sia cambiato radicalmente, con un’omogeneizzazione solo nella terza edizione, la maniera in cui ottenere questi punteggi è rimasta, nella sua base matematica, pressoché invariata.
Nelle edizioni più antiche, i valori erano tirati in ordine, ma nel corso degli anni la natura eroica della narrazione ha portato questa meccanica verso soluzioni più amichevoli, permettendo di decidere in che modi distribuire i punteggi, tirando quattro dadi per caratteristica e prendendo i tre più alti.

Quest’ultima regola, in corso dalla terza edizione, ha implicato, per i PG (avventurieri più “eroici” della media), valori di caratteristica solitamente più alti della media di tre dadi puri, e questo si è ripercosso anche sui metodi alternativi per la generazione dei punteggi: i più in voga sono l’uso di un set standard di valori (15, 14, 13, 12, 10 e 8 per D&D 5e) e un metodo di “acquisto” dei valori di caratteristica con una quantità standardizzata di punti iniziali.

Tuttavia, il metodo iniziale dell’uso di tre dadi a sei facce ha inevitabilmente marchiato quali di questi punteggi siano considerati alti, medi e bassi: infatti, prendendo i tre dadi più alti su quattro, si è comunque soggetti agli stessi limiti rispetto all’uso diretto di tre dadi (per quanto la media tenda a essere più alta).

Curva a campana

Ma quali sono le caratteristiche matematiche del lancio di tre dadi?

Il dado ha una cosiddetta distribuzione “uniforme”: tutte le facce del dado sono equiprobabili. La probabilità di ottenere esattamente “6” è la stessa di ottenere “1”, o anche “4”.

Se però io prendo più dadi e ne sommo i risultati, questa probabilità cambia.
La cosa è evidente già con due dadi: mentre ho una sola possibilità di ottenere “12” (tirando due “6”), ho ben tre possibilità di ottenere un “10” (con due 5, un 6 nel primo dado e un 4 nel secondo e viceversa).

All’aumentare dei dadi, diventa evidente che, mettendo in ordine i risultati dal più alto al più basso, in un’istogramma che ne indica la probabilità di riuscita, la figura che esca sia la cosiddetta “curva a campana”. Per tre dadi, in particolare, abbiamo la seguente distribuzione:

In questo grafico vediamo, coi numeri rossi, il valore ottenuto coi dadi; coi numeri neri, il totale delle combinazioni possibili che forniscono quel valore; coi numeri bianchi, la probabilità in percentuale di ottenere tale valore.

Come è evidente, i valori di “10” e “11” (che rappresentano, nelle ultime edizioni, caratteristiche che non forniscono bonus o malus ai tiri) prendono, da soli, il 25% della popolazione; si passa a poco più del 20% per i punteggi di 12 e 13 (bonus di +1) e altrettanto per i punteggi di 8 e 9 (malus di -1), lasciando meno del 35% di probabilità tra tutti gli altri valori.
La tranche successiva (bonus di +2 e malus di -2), corrispondente rispettivamente ai valori 14-15 e 6-7, prende circa l’11% per i valori positivi e altrettanto per quelli negativi.

Ai rimanenti valori spetta meno del 10%, equamente suddivisi tra quelli molto bassi e quelli molto alti.

Se confrontiamo questi valori con quelli “per gli avventurieri” (i migliori tre dadi su quattro), vediamo un notevole spostamento verso i risultati positivi.

Come è evidente dai grafici, un avventuriero (curva nera) avrà sempre, in media, bonus positivi, con il valore medio spostato verso il 13, e probabilità notevolmente più bassa di ottenere dei malus.

Ma questi valori rispecchiano la distribuzione delle caratteristiche umane?

Curva di Gauss

Effettuando numerosi esperimenti risulta evidente che, in natura, vi siano spesso delle caratteristiche medie molto preponderanti e altre che diventano sempre più rare tanto ci si allontana dalla media.
Un esempio pratico è l’altezza delle persone: la maggior parte delle persone di una certa popolazione ha un’altezza simile, con una percentuale più bassa di persone alte o basse che scende tanto ci si allontana dalla media. E’ conoscenza comune che le persone alte due metri siano molto rare e altrettanto rare quelle alte 1,50.

Quando si prende un campione sufficientemente grande, la distribuzione di questi valori tende spessissimo alla cosiddetta “distribuzione normale” o “Curva di Gauss”, una distribuzione descritta con la seguente, minacciosa espressione:

In questa espressione, “x” è il valore di interesse (es: un’altezza di 175 cm), f(x) è la probabilità di ottenerla; μ (la lettera greca “mu” o “mi”) è la media, cioè il valore medio (per es. 168 cm per l’altezza delle femmine in Italia) e  σ (la lettera greca “sigma”) è la cosiddetta “deviazione standard”, che ci dice quanto la curva tenda a “spanciarsi” o a stringersi.

Dietro questa formula imponente si nasconde la seguente forma che somiglia molto a quella già vista:

Come è evidente, questa curva ricorda moltissimo quella dei tre dadi a sei facce: il ruolo di σ, la deviazione standard, è evidenziato nel definire quanto è probabile trovare un determinato valore.

Prendiamo ancora una volta i dati sull’altezza femminile in italia: si parla di una media di 168cm e una deviazione standard di 12cm.
Questo significa che il 34,1% (evidenziato dal grafico) delle persone adulte di sesso femminile in italia ha un altezza compresa tra i 168cm e la media + σ (168+12=180 cm) e un altro 34,1% ha un’altezza comrpesa tra 168 cm e la media – σ (168-12 = 156 cm).
Questo dato è puramente osservativo, non tiene conto dell’origine di queste persone, della loro età e del loro patrimonio genetico, ma è notevole come riesca comunque a fornire un quadro corretto della situazione.

Se proviamo a confrontare questa distribuzione con quella dei tre dadi, vediamo che la forma è estremamente simile: infatti, avendo un numero virtualmente infinito di dadi, la forma sarebbe esattamente la stessa, con una deviazione standard e una media che cresce al variare del numero dei dadi. 

Ma chi ci assicura che, all’aumentare del numero dei casi considerati, la distribuzione diventi una curva di Gauss? Ci sono una serie di teoremi matematici, detti “Teoremi del limite centrale”, che si occupano esattamente di dimostrare questa relazione, ma per un esempio concreto la Macchina di Galton è sempre suggestiva.
Si tratta di una macchina che fa cadere delle palline su una serie di chiodini: per ogni chiodino, la pallina può cadere a destra o a sinistra (la distribuzione di questo tipo di evento è detta “binomiale”).
Ogni pallina affronta una serie di chiodini, e la macchina lascia cadere una grande quantità di palline di fila: l’effetto finale è proprio quello di una curva che approssima quella di Gauss, come si evince da questo filmato.

Umani Gaussiani

Ma questa distribuzione è adatta a rappresentare le sei caratteristiche di DND quando le applichiamo agli esseri umani del mondo reale?

Tralasciamo per un attimo il significato effettivo che hanno i vari punteggi e indicatori (ne parleremo dopo) e proviamo a comparare un punteggio di DND, come l’intelligenza, con un indicatore dello stesso usato nel mondo reale: il QI.

Anche il QI segue evidentemente la forma di una curva di Gauss: visto che, per ogni valore di QI, è possibile ricavare una probabilità di “ottenere” lo stesso valore, è possibile effettuare una comparazione tra il QI e il punteggio di intelligenza di D&D, per capire a quali valori di quest’ultimo corrisponderebbero altrettanti valori di QI.

Per effettuare questa comparazione bisogna tuttavia riflettere su un problema: il QI ha un punteggio centrale, “100”, mentre il punteggio di intelligenza di D&D non ha un vero punteggio medio (sarebbe tra 10 e 11) e dentro ogni valore ricadono numerosi punteggi di QI.

Inoltre, è relativamente facile, tramite siti come questo, ricavare il QI a partire dalla probabilità cumulativa (cioè la somma della probabilità di tutti i punteggi fino a quel punto) di ottenere tale valore.
L’esempio lampante è con QI=100, che rappresenta la media e la sua probabilità cumulativa è esattamente il 50% (cioè il 50% delle persone ha un QI fino a 100).
Potremmo ragionare alla stessa maniera con i valori del punteggio di intelligenza, considerando che la probabilità di ottenere 10 o meno con tre dadi è esattamente il 50%, ma dobbiamo ricordarci che questo ragionamento fallisce con il punteggio di “18”, il cui percentile è esattamente il 100% (e non esiste un punteggio di QI corrispondente).
Per risolvere questo problema, applicheremo la simmetria della curva a campana, calcoleremo le probabilità per la prima metà e ricaveremo i punteggi di QI alti come simmetrici rispetto a quelli bassi.

Ma a cosa corrispondono questi punteggi?

Secondo la scala che si può trovare sullo stesso sito, un punteggio di QI sotto il 79 implica normalmente una condizione cognitiva limitant: questo corrisponderebbe ai punteggi di -3 e -4 

L’intelligenza media, tra i 90 e i 110, corrisponde sostanzialmente ai punteggi tra -1 e +1, mentre i punteggi di QI sopra i 130 (“gifted”) corrispondono a un punteggio superiore a 17 o più, legato quindi ai bonus +4 (o eventualmente +3).

Ma questo punteggio cosa rappresenta veramente? E il punteggio di intelligenza di D&D?
E infine, questa distribuzione gaussiana si applica anche alle altre caratteristiche? A cosa corrispondono? Si possono correlare a grandezze (come la capacità di sollevamento) che risultano, poi, coerenti con quanto osservato nel mondo reale?

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