Il gioco di ruolo nasce, nella sua versione “codificata da tavolo”, ormai una cinquantina d’anni fa.
Dungeons & Dragons propone, ora come all’epoca, una specifica dinamica di gioco in cui la maggior parte dei giocatori interpreta i protagonisti della vicenda, avendo potere di decidere cosa essi dicano, facciano (o tentino di fare) e pensino; contrapposto ad essi si trova la solitaria figura del Master, tipica di questa dinamica di gioco che è stata poi ripresa da moltissimi altri titoli.
Questo singolo giocatore si occupa di gestire tutto il resto del mondo di gioco, i personaggi che i protagonisti incontreranno, i nemici che combatteranno, i luoghi che esploreranno e gli ostacoli che affronteranno: egli è anche garante e arbitro delle regole e, in molti giochi, definisce la difficoltà delle azioni che gli eroi affrontano e riempie le eventuali lacune meccaniche decidendo sul momento come dirimere l’effetto di imprese dal risultato ignoti (quello che nel mondo OSR è chiamato “ruling”).
Nel corso degli anni, un po’ per l’aspettativa sulle performance del Master che è andata crescendo (anche a causa del fenomeno delle “partite pubbliche”, per quanto esse abbiano avvicinato molti all’hobby), un po’ per il carico cognitivo, di preparazione e di responsabilità percepita mediamente superiore rispetto al resto del tavolo, un po’ per provare esperienze di gioco differenti, qualcuno si è chiesto: è possibile giocare senza il master?
Andiamo a scoprirlo assieme!
D&D senza master
E’ possibile giocare a D&D, in gruppo, senza la presenza di un master?
Il mio nuovo progetto, Adventure Squad, si propone di affrontare questa sfida, proponendo avventure a narrazione condivisa le meccaniche sono basate su 5e.
I giocatori affronteranno sfide, arricchiranno la narrazione degli altri per ottenere punti Fato e affronteranno nemici personalizzabili in una sfida contro il Tempo!
Per saperne di più, visitate la pagina, iscrivetevi alla newsletter, scaricate la demo e venite a trovarmi a Play Modena nei seguenti orari:
Venerdì. 16:30 20:00
Sabato 9:00 13:00
Domenica 13:00 16:00
Una questione di autorità narrativa
In molti giochi di ruolo (uno su tutti il più famoso del mondo) buona parte delle regole è spesso legata alla gestione della casualità: gli eroi devono affrontare un ostacolo e nessuno al tavolo sa se ci riusciranno o meno.
In questi casi, la componente di statistiche, tratti, risorse e dadi ha il fine di determinare se e in che misura queste imprese dall’esito incerto vengano portate a compimento.
Vedremo che questa aleatorietà può diventare molto meno centrale in altri giochi: accanto a essa infatti vi è tutta una componente determinata dalla volontà dei giocatori.
Ad esempio, in D&D, chi interpreta un protagonista decide cosa esso pensi e faccia (o tenti di fare), mentre il master decide… tutto il resto: ciò che accade al personaggio e che sovrasta la sua volontà, ciò che lo circonda, se e quando ha senso ricorrere al tiro dei dadi.
Questo potere è detto Autorità Narrativa: chi interpreta i protagonisti ha autorità narrativa su tutto ciò che è soggetto alla volontà del personaggio, mentre il master ha autorità narrativa sul resto della storia.
I giochi senza un master singolo si propongono di superare il dualismo Master-altri giocatori e applicare modi differenti per suddividere questa autorità narrativa, in modo che, in maniera simmetrica o asimmetrica, sincrona o asincrona, i vari giocatori abbiano una fetta più equa di quel potere decisionale.
Una nota: in questo articolo non mi soffermerò sui giochi di ruolo in solitario, i quali propongono comunque una struttura di gioco differente da quelli in cui il Master è una figura separata: dedicherò loro un articolo in futuro!
Scopi definiti
Come si fa, dunque, a far funzionare un gioco di ruolo privo di Master?
Nei “giochi tradizionali” il master produce le basi per un’avventura che coinvolge i protagonisti verso uno specifico obiettivo, sia esso sconfiggere il cattivo di turno o ottenere un oggetto raro e costoso: in alternativa, è possibile che il master abbia un ruolo più neutro, da arbitro, “limitandosi” a gestire un mondo di gioco, creato da lui o da terzi, che i protagonisti esplorano più liberamente (l’approccio cosiddetto “sandbox”).
I giochi “masterless” sono spesso più vicini alla prima delle due opzioni, dando un focus specifico sull’esperienza che vorranno affrontare (NB: questa non è una prerogativa di questi giochi, esistono molti giochi “focalizzati” con master, ma in sua assenza questo scopo guadagna ancora più significato).
Polaris (uno dei primi GDR masterless), ad esempio, si propone di mettere in gioco una specifica tragedia: i protagonisti sono cavalieri al servizio di un reame ghiacciato, destinato alla rovina a causa del sole e dei demoni che sciamano da esso.
Il gioco in questo caso ha una direzione molto specifica: i personaggi possono solo morire, essere corrotti dai demoni o essere distrutti con il resto del reame.
Allo stesso modo, in Lovecraftesque (GDR dell’anno 2018), il protagonista condiviso dal tavolo finirà inevitabilmente per dover fare i conti con l’orrore cosmico che si lascia intravedere dall’inizio della partita…
Il cast
Una volta capito in che direzione ci porta il gioco è tempo di parlare dei protagonisti della vicenda. Ci sono giochi che, da questo punto di vista, mantengono la tradizione di associare, a ogni giocatore, un personaggio in modo che l’intero cast, o almeno parte di esso, sia sempre in scena. Tra questi giochi abbiamo Fiasco, dove si giocano situazioni grottesche e surreali ispirate ai film dei fratelli Cohen, oppure Un weekend fuori porta (di Giovanni Micolucci, la mente dietro Vas Quas) in cui si interpreta un gruppo di giovani che affrontano il loro primo viaggio da maggiorenni.
Altri giochi mantengono la stessa formula, ma i personaggi vivono le loro avventure separatamente dagli altri, con scene (che vedremo dopo) imperniate su uno dei protagonisti: è il caso di Archipelago, nel quale gli altri giocatori possono influire sulla narrazione del giocatore “attivo” tramite frasi rituali, o del già citato Polaris, nel quale i restanti giocatori si suddividono l’autorità narrativa riguardo al mondo circostante (come spiegato più avanti) in maniera asimmetrica.
Questo paradigma non è però universale: in Lovecraftesque, che abbiamo già introdotto, si narrano le vicende di un singolo protagonista interpretato a giro, mentre in Microscope si racconta una vicenda che si sviluppa su intere epoche differenti, con un cast costruito di volta in volta per agire su singole scene che rispondono a specifiche domande.
Tutti registi
Un altro elemento fondamentale per condurre il gioco è determinare con che ritmi e tempi si svolgerà la vicenda. Moltissimi giochi di questo tipo suddividono la partita in “scene”, porzioni di gioco definite nello spazio-tempo del mondo fittizio, equivalenti a quelle cinematografiche.
Sebbene questa non sia una prerogativa dei giochi senza master, in questi titoli, proprio come dei registi, i giocatori si alternato nell’introdurre le scene determinandone la collocazione geografica e temporale o la presenza di comparse, in modo equivalente a ciò che farebbe un master quando gli avventurieri raggiungono una nuova location.
Queste scene possono avere un ordine ben definito, come per Un Weekend Fuori Porta (in cui, ad esempio, la prima scena è sempre l’incontro per decidere il viaggio, la seconda il raggiungimento di un luogo, e tra due scene può essere presente una “scena di recupero” per discutere di ciò che è accaduto), o anche semplicemente nel numero, come in Follow, nel quale ogni giocatore introduce una scena per ciascuno dei tre “atti” della vicenda (chiamati “sfide” nel gioco): in quest’ultimo titolo, l’introduzione della scena è aiutata da una checklist per determinare chi è presente in scena, dove e quando siamo e cosa sta accadendo.
In Monster, di Leonardo Lucci e Iacopo Frigerio, l’introduzione alla scena è ulteriormente supportata dai Descrittori del luogo prescelto e dallo scopo di quell’Atto, cioè rispondere a una domanda sul mostro che sta terrorizzando il villaggio. Allo stesso modo, in Kaiser 1451 di Helios Pu, del quale abbiamo parlato in questo articolo, ogni scena risponde a una domanda e ogni atto (denominato “passo”) ha un tema ottenuto estraendo una carta da gioco.
Anche in questo caso esistono giochi che spiccano per originalità, come ad esempio “Il re è morto” di Vincent Baker, dove i giocatori interpretano giovani rampolli di casate nobili che lottano per riempire un vuoto di potere: i giocatori, a turno, decidono fra un elenco di scene (detti “Incontri”), ciascuna delle quali è un vero e proprio minigioco per gestire la propria mano di carte che, a fine partita, decreterà l’epilogo!
Suddivisione dell’autorità
Ma andiamo al nucleo della questione: se in un gioco di ruolo “classico” il master decide le premesse degli eventi che coinvolgeranno i protagonisti, gestisce le avversità e interpreta i personaggi secondari, chi lo fa in sua assenza?
Diversi giochi suddividono questa autorità narrativa in modo, come vedremo, molto differente!
Uno degli approcci diffusi tra i giochi senza master è quello di far si che ogni scena abbia un personaggio come protagonista “sotto i riflettori” e sia introdotta, seguendo le regole di quello specifico titolo, dal giocatore che lo interpreta.
A quel punto, in linea generale, il giocatore prosegue la sua narrazione, gestendo tanto il proprio personaggio quanto il mondo di gioco, un po’ come l’autore di un racconto: agli altri giocatori è dato il potere di interferire in questa narrazione.
La modalità di interferenza dipende dal gioco: in Kaiser, ad esempio, come in vari altri giochi di questa lista, gli altri giocatori hanno a disposizione delle frasi rituali come “Approfondisci” o “Non stai seguendo il tuo destino” per indicare al giocatore di turno come orientare la sua narrazione, e la loro autorità a riguardo è pressoché simmetrica (ovvero, tutti i giocatori non-di turno hanno la stessa autorità narrativa).
In Fiasco, invece, il giocatore di turno sceglie se introdurre la scena oppure se deciderne l’esito: i rimanenti giocatori, assieme, saranno investiti dell’altro potere tra i due.
Altri giochi suddividono in maniera più netta le autorità narrative: in Polaris un giocatore a giro veste il ruolo del “Cuore” (ha cioè autorità sul suo protagonista) e quello di fronte a lui l’”Errore”, ovvero le avversità che dovrà affrontare; i due a destra e a sinistra sono la “Luna Piena” e la “Luna Nuova” che hanno rispettivamente autorità sui personaggi secondari con i quali il protagonista ha legami gerarchici e quelli con legami affettivi.
In Kingdom, invece, dove i giocatori esplorano le vicende di un’organizzazione sociale (che può essere un regno vero e proprio come no), ogni giocatore ha un ruolo più stabile e trasversale: il “Power” ha autorità sul regno stesso, “Perspective” sulla direzione nella quale si sta evolvendo e “Touchstone” sui desideri e la percezione delle persone che abitano, o interagiscono con, il regno.
Non è detto tuttavia che i giocatori abbiano controllo sia sulle mosse che compiono i personaggi che sui loro esiti e conseguenze: in molti giochi parte dell’autorità è comunque lasciata alle regole che, attraverso elementi casuali, determinano l’andamento della vicenda.
In Kaiser, ad esempio, a ogni scena il “Soldato di turno” dovrà estrarre carte e spendere risorse dalla sua scheda per evitare di subire “Sconforto” e “Cicatrici” che determineranno il suo destino alla fine della campagna militare.
In Follow, alla fine di ogni Sfida, i giocatori metteranno in un sacchetto delle pietre colorate in base alla soddisfazione dei loro personaggi riguardo all’evoluzione degli eventi: in base ai colori delle due pietre estratte la sfida potrebbe essere superata o fallita, qualcuno potrebbe morire e il gruppo potrebbe perfino subire un tradimento.
Ma se amate i dadi, sappiate che passerete le vostre partite di Fiasco ad assegnare ai compagni dadi bianchi e dadi neri, il cui risultato finale determinerà se la vicenda vi avrà sconfitto… o ne sarete uscito come un improbabile eroe!
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