Starfield Science 1 – Gravità Planetaria

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Con l’uscita di Starfield e il mio 34° genetliaco, ho deciso di rispolverare la vocazione originale di questo canale, cioè la scienza in ambito ludico: per questo motivo ho deciso di provare a produrre una serie di articoli, stavolta più brevi, sui lati scientifici di questo videogioco.

Cominciamo dunque con un’argomento che ci porteremo dietro per alcuni articoli, la gravità, andando a vedere in che misura essa sia coerente con quanto sappiamo dei pianeti che andiamo effettivamente a esplorare…

Ma prima: salti videoludici vs reali

Una delle approssimazioni più classiche della fisica è quella di schematizzare l’effetto della gravità sulla superficie della terra nella forma di un’accelerazione costante: quest’approssimazione è effettivamente molto buona, visto che nei pochi km di atmosfera entro i quali può sopravvivere l’uomo, l’accelerazione di gravità cambia davvero poco, e anche le variazioni dovute alla latitudine sono trascurabili per la maggior parte delle attività macroscopiche.

Diciamo dunque che un corpo non vincolato subisce un’accelerazione verso il basso pari circa a 9.81 metri al secondo quadrato: è importante sottolineare che dunque il moto di un salto o di una caduta libera è accelerato, cioè la velocità cambia nel corso del tempo.

Questo può sembrare ovvio: se si arriva in cima a un salto e poi si torna giù, evidentemente prima ci muovevamo verso l’alto (se decidiamo che questo corrisponda alla nostra direzione “positiva”, implicherà una velocità positiva), poi ci siamo fermati (velocità nulla) e poi ci siamo mossi verso il basso (velocità negativa).

E’ però importante sottolineare che l’accelerazione costante verso il basso implica un cambiamento continuo della velocità: questo significa che più ci avvicineremo al vertice del salto, e più saremo lenti; più a lungo cadremo e più saremo veloci.

Ecco, tutto questo NON E’ VERO nella maggior parte dei videogiochi.

Infatti, il moto uniformemente accelerato da luogo a dei salti “brutti” in quanto a esperienza di gioco: quello che invece succede è che, per motivazioni estetiche e di gameplay, i salti nei videogiochi tendono ad avere salite e discese a velocità quasi costante, con una rapida frenata e accelerata in prossimità del vertice del salto.
Inoltre, anche nei giochi dal look più realistico, i personaggi saltano mediamente più in alto rispetto ai loro corrispettivi reali.

Sebbene questa non sia una cosa intrinsecamente negativa, dovremo tenere conto che alcuni ragionamenti che si possono effettuare sui salti nel mondo reale difficilmente potranno applicarsi al mondo videoludico…

Terra contro Marte

In Starfield, i pianeti mostrano diverse accelerazioni di gravità misurate (come accade nel mondo reale) in termini di “g”, la gravità terrestre che abbiamo già introdotto precedentemente.
Ho deciso di fare un confronto tra l’accelerazione di gravità della Terra e di Marte che, coerentemente con la realtà, ha una gravità di 0,38 g (cioè pari al 38% di quella terrestre).
Come influisce questo con l’altezza di un salto?

Nel mondo reale, trascurando fattori come l’attrito dell’aria, un corpo che si stacca da terra con una velocità iniziale “v” diretta verso l’alto raggiungerà un’altezza massima che si può calcolare facilmente usando la conservazione dell’energia: infatti, l’energia della spinta iniziale è tutta nella forma di energia cinetica, cioè l’energia che ha il corpo a causa della sua velocità, pari a metà della sua massa per il quadrato della velocità (1/2 m v2)
Questa energia, nel vertice del salto, si sarà completamente trasformata in energia potenziale gravitazionale, cioè l’energia che ha un corpo a causa della sua posizione all’interno del campo gravitazionale: nella nostra approssimazione di accelerazione gravitazionale costante, questa energia assume una forma molto semplice, pari a la massa per l’altezza raggiunta, per l’accelerazione di gravità del pianeta (mhg).
Semplificando le masse e risolvendo questa equazione, si ottiene una formula molto semplice per l’altezza raggiunta: la velocità al quadrato, diviso il doppio di “g”.

Ovviamente su pianeti con differente g: ad esempio su Marte, dove sarà il 38% di quella sulla terra, questa formula ci fornirà una differente altezza massima e, nello specifico, mi aspetto che l’altezza massima sia circa due volte e mezzo quella raggiunta sulla Terra.
Ma come si presenta Starfield?

Stime “a occhio”

Visto che apparentemente Starfield non fornisce un accurato sistema di misura, ho deciso di “stimare a occhio” le altezze raggiunte sulla Terra e su Marte, facendo riferimento all’ambiente e ai personaggi che seguono il protagonista.

Partiamo dalla Terra.
Come si può evincere dagli screenshot, il salto è quello esagerato che ci aspettiamo da un videogioco: facendo un po’ i conti con la prospettiva, possiamo immaginare che il salto raggiunga circa l’altezza di una persona. Non male, considerando che il record di salto in alto da fermo (disciplina olimpionica di inizi ‘900) è di 1,65 metri.

Passiamo adesso a Marte: questa immagine ci serve come riferimento per il grande propulsore della nave, che inizia a un’altezza pari circa a quella della nostra compagnia di viaggio e sale anche per 2-3 volte la stessa altezza.
Se l’altezza fosse quindi coerente con la fisica, mi aspetterei raggiungere circa la metà di tale reattore con un salto…

…tuttavia, un salto ci porterà a superare completamente il motore, implicando che l’altezza raggiunta sia tra le 3 e le 4 volte quella terrestre, ben oltre le stime previste, coerente con un’accelerazione compresa tra i 0,33g e 0,25g.

Salvataggio in corner

Ovviamente, noi abbiamo presupposto che la velocità di distacco da terra sia la stessa: questo però non è così scontato. Infatti, potremmo anche immaginare che i muscoli, che sulla terra devono contrastare una forza peso pari alla nostra massa per la gravità del pianeta, in presenza di una gravità molto più bassa siano in grado di imprimere una spinta maggiore al corpo (purtroppo non così semplice da calcolare, visto che i muscoli sono apparati piuttosto complessi da schematizzare).
Le maggiori altezze raggiunte rispetto a quelle attese potrebbero quindi essere giustificate da un minore carico muscolare, e quindi un’accelerazione iniziale superiore.

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