La Spada. L’arma per eccellenza. La signora indiscussa del Medioevo, il simbolo del Cavaliere.
Un’arma che, però, è arrivata ai giorni nostri con un pesante carico di dicerie sul suo conto.
In questo viaggio sul filo della sua lama, andremo a sfatare una serie di miti sulla spada medievale che fanno parte della nostra cultura e del panorama ludico.
Ma cominciamo a farci una domanda interessante…
Cos’è una spada?
Questa domanda sembra strana e ridicola, e non è nemmeno detto che sia possibile dargli una risposta definita, ma vale la pena di farcela.
Quando è che un oggetto diventa una spada o cessa di esserlo?
Possiamo farci questa domanda osservando i classici coltelli lunghi della tradizione nordeuropea, noti con molto nomi come Seax o Scramasax, che si allungano nel tempo fino anche a 80 centimetri: ben oltre molte armi più antiche e considerate ufficialmente spade dai loro utenti, come il Gladio o lo Xiphos.

Consci dunque che non sia così banale definire un confine, andremo a limitarci alle spade diffuse nell’europa medievale, cercando di elencare almeno le più importanti tra quelle che i contemporanei avrebbero chiamato “spade”.
Cecheremo infine di fare una trattazione semplice, associando alle spade i loro nomi più famosi al costo di rischiare di tralasciare gli esempi meno comuni: per una trattazione più completa – almeno per quanto riguarda l’area europea – si vedano le tipologie di Petersen, Oakeshott ed Elmslie.

Alto medioevo
Negli ultimi secoli dell’Impero Romano, oltre al gladio, si impone un tipo di spada, specialmente fra la cavalleria, chiamata spatha, dalla quale discende la moderna parola italiana: si tratta di una spada dritta, affilata su entrambi i lati, lunga fino a un metro e che, rispetto alla controparte di fanteria (usata prevalentemente di punta), è specializzata nel taglio.
Da queste spade derivano più o meno direttamente le spade dei cosiddetti “secoli bui”, che includono cossiddette spade carolingie e spade vichinghe, dalla guardia corta e tozza, primo passo verso lo sviluppo della “guardia a croce”.

Nel successivo periodo, guardando alle Crociate, la spada vichinga si evolve nella cosiddetta spada d’arme: in questa forma, la guardia a croce raggiunge la maturazione, il pomello si è appesantisce e la punta va acuminandosi per affrontare meglio la maggior diffusione di armature, permettendo inoltre una movenza più agile e controllata grazie al peso spostato verso la mano del combattente.

Basso medioevo
Attorno al 1300, lo sviluppo della metallurgia avrà effetti rivoluzionari nell’ambito bellico, specialmente nella diffusione dell’armatura a piastre, molto più impervia della precedente cotta di maglia.
La presenza di questa armatura avrà un’effetto anche sull’evoluzione delle spade.
Da un lato, l’armatura a piastre renderà il combattente sufficientemente ben protetto dalle frecce da giustificare l’abbandono dello scudo, in favore di armi a due mani: oltre allo sviluppo delle armi ad asta (eccezionali nel combattimento in formazione e contro avversari corazzati), questo darà la spinta per la creazione di spade a due mani o “spade lunghe” (in inglese “longsword”, che però non sono affatto spade ad una mano, come insegna Dungeons & Dragons, sebbene esistano degli esemplari di lunghezza intermedia noti come spade a una mano e mezza o “bastard swords”).

Dall’altro lato nasceranno spade pensate per affrontare l’armatura: è il caso dello stocco (in inglese “estoc” o “tuck“, molto differente da quello che la versione italiana di D&D chiama “stocco”, ovvero l’inglese “rapier” che incontreremo più avanti).
Si tratta di una tipologia di spada dritta (a una o due mani) che sacrifica affilatura e potenziale di taglio in favore di una punta molto lunga, robusta ed acuminata, in grado di infilarsi nelle articolazioni dell’armatura e potenzialmente superare la protezione dell’armatura di maglia.

Accanto alla spada dritta si sviluppa, attorno al XIII secolo, anche la spada ricurva a filo singolo nelle sue varianti europee: il falcione (il inglese “falchion”, da non confondere con l’omonima arma ad asta, “glaive” in inglese) e, in seguito, il Langes Messer (che in tedesco significa, semplicemente, ” lungo coltello”).
Queste armi presentano spesso lame curve (il falcione ha anche una versione “a mannaia” dal filo concavo) e sono specializzate nel taglio, compromettendo in parte la precisione di punta, ma non sono necessariamente più lente o grezze di una spada dritta: sebbene siano spesso associate a ceti inferiori, sono anche diffuse tra la nobiltà (ad esempio in Italia), possibilmente perché particolarmente adatte contro avversari privi di armature in metallo.

Tardo medioevo e Rinascimento
Negli ultimi secoli del medioevo e nel Rinascimento, la corsa alle armi (da un lato, le armi da fuoco e ad asta; dall’altro, le armature che si evolvono per tenere testa) ha ulteriori effetti sulle spade.
Da una parte, alcune spade diventano imponenti, come il Kriegsmesser (ted. “coltella da guerra”, una versione a due mani del messer) oppure le grandi spade a due mani (che ci arrivano con una pletora di nomi e varianti come Zweihander, Spadone, Montante ecc) pensate come strumenti di gestione dello spazio bellico, atte cioè a tenere a bada gruppi di avversari e impedire di avvicinarsi, oppure, come pare dalle cronache del tempo, a spezzare le picche delle formazioni avversarie.

Dall’altro lato, la spada ad una mano, divenuta più diffusa e relativamente economica, abbandona completamente ogni velleità bellica e tentativo di competere con l’armatura, focalizzandosi sull’uso civile: nasce così la spada da lato (in inglese “sidesword“), dalla lama sottile e l’elsa complessa che inizia a coprire l’intera mano, che si evolverà poi nella striscia (queste due spade sono a volte, in inglese, riunite sotto il nome di rapier) e nella schiavona tipica della Serenissima Repubblica di Venezia.

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