Fisica per medievali: Leve e forze elastiche

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Nell’ultimo articolo di fisica per medievali abbiamo introdotto alcuni importanti concetti del moto in due dimensioni, andando a completare la parte della fisica cosiddetta “cinematica”.
Questo però non basta per comprendere il moto: dove infatti al “cinematica” ci dice come un corpo si muova, è la “dinamica” a raccontarci il perché.

Massa e (Forza) Peso

La distinzione di “massa” e “peso” è un concetto relativamente recente, rispetto al medioevo, per lo più perché (come accade nel linguaggio colloquiale) “pesare” un oggetto è la maniera in cui, di fatto, ne ricaviamo la massa.
Tuttavia, le due cose sono distinte: mentre la massa è una caratteristica propria dell’oggetto, il peso è una forza che esercita la terra, con la sua gravità, tirando a se l’oggetto.

S’io do una spinta a un corpo pesante et uno lieve, quest’ultimo viene spinto assai più dell’altro.

Ma cos’è una forza?
Le leggi della dinamica, formalizzate da Newton, ci mostrano come un oggetto che subisce un’accelerazione lo faccia in quanto sottoposto ad (almeno) una forza (la cui unità di misura prende il nome “Newton” proprio dallo scienziato).
In tal caso, l’accelerazione sarà pari alla forza totale diviso la massa dell’oggetto in questione: un oggetto di massa 4 kg che subisca una forza di 32 Newton subirà quindi un’accelerazione di 32/4 = 8 metri al secondo quadrato.

Le leggi della Dinamica ci dicono anche però che i corpi sottoposti a una forza “reagiscono” con forze opposte ed equivalenti: quando ad esempio appoggiamo un libro su un tavolo, il tavolo reagisce al peso del libro con una forza della stessa intensità, ma di verso opposto, il cui effetto è quello di pareggiare la forza precedente, azzerando dunque l’accelerazione subita dal corpo. Sono queste le forze, dette Forze Normali o Reazioni Vincolari, che permettono ai corpi di restare immobili, appoggiati su altri corpi, o anche a noi di evitare di attraversare i pavimenti e gli oggetti ai quali ci appoggiamo!

Leve e bilance

Se vuoi tirar su un un cancello con poco sforzo, ti serve un argano con lunghi manici!

Se una Forza può spingere un oggetto, una coppia di forze può invece… farlo ruotare, come ci si accorge facilmente impugnando il manico di una bicicletta.
La grandezza fisica alla base di questo fenomeno è detta “Momento di una forza” e si ottiene moltiplicando la forza per la distanza dal centro di rotazione (il cosìddetto “braccio della forza”): sebbene questa parte della dinamica sia poco presente nella cultura generale, lo è sicuramente la sua più famosa applicazione, cioè la leva!

Una leva è una cosiddetta “macchina semplice” composta da un oggetto in grado di ruotare attorno a un fulcro che può essere posizionato a uno dei suoi estremi oppure al suo interno: le forze applicate su questo oggetto contribuiranno alla sua rotazione in misura pari alla loro intensità moltiplicata per la distanza dal fulcro.
Un effetto nella vita comune di questo fenomeno è lo schiaccianoci, il cui fulcro è a una delle due estremità: ponendo la noce nell’incavo vicino al fulcro e le mani nell’estremo opposto, la forza dei muscoli viene amplificata dalla maggiore distanza dal fulcro, mentre invece la resistenza della noce, vicina al fulcro, è moltiplicata per una distanza assai inferiore.

Sulla base di questo fenomeno è possibile costruire una bilancia a piatti: tenendo gli oggetti da pesare alla stessa distanza dal fulcro rispetto a dei pesetti campione, il sistema sarà in equilibrio quando le due masse saranno uguali.
D’altra parte però è possibile agire invece con un peso fisso, ma a distanza variabile, e misurare la suddetta distanza per ottenere una misura indiretta della massa sul piatto, come nella bilancia in figura.

La leva è un fenomeno che può però avere un costo: tanto infatti è maggiore la distanza, tanto è maggiore lo spazio percorso per esercitare la forza. Riprendendo l’esempio dello schiaccianoci, le mani devono stringersi per diversi centimetri al fine di ottenere un’ammaccatura di pochi millimetri sulla noce.
Le pinze da cucina o da camino sono l’esempio inverso: la mano stavolta è vicino al fulcro e, con un piccolo movimento, può stringere molto le estremità della pinza, al costo tuttavia di esercitare una forza decisamente superiore a quanto avrebbe dovuto fare afferrando direttamente lo stesso oggetto.

Anche il tanto amato trabucco funziona sulla stessa base: in questa leva, infatti, il fulcro si trova lungo il braccio, compreso tra il pesante contrappeso (molto vicino) e il proiettile (leggero e lontano).
Pur con una leva “svantaggiosa” in termini di forza, il contrappeso è talmente pesante da riuscire a imprimere una grande forza sul proiettile: quest’ultimo percorrerà una grande distanza durante il lancio, sottoposto continuamente all’effetto della leva, e verrà così scagliato a grande velocità verso il bersaglio.

Forze elastiche

Più tendi un arco, e più l’arco tende te

In natura, ogni materiale solido ha dei, seppur lievi, comportamenti elastici che si oppongono alla compressione e alla flessione. Possiamo immaginare questi comportamenti come l’effetto dei componenti molecolari di queste sostanze che, dislocati a causa della pressione esterna, si avvicinano tra loro, con un conseguente aumento delle forze repulsive che tentano di riportarli al loro posto.

L’esempio classico che viene affrontato a scuola, a causa della sua semplicità, è quello della molla: una molla compressa o stirata rispetto alla sua cosiddetta “posizione di equilibrio” si oppone a questa modifica con una “forza elastica” che dipende dalle caratteristiche meccaniche della molla e che è direttamente proporzionale alla comrpessione o stiratura stessa (in pratica, raddoppiando la compressione della molla raddoppierà anche la forza che essa oppone alla compressione esterna).

Questo stesso comportamento è presente in molti altri esempi: per quanto concerne, ad esempio, un arco da guerra, la cui forza elastica è data dalla flessione del legno. Non è così difficile cominciare a tendere una simile arma, ma arrivare in fondo richiede una forza impressionante che sovrasti quella dell’arco stesso (la quale aumenta via via che la corda viene tirato).

Lo stesso tipo di comportamento, per quanto imperecettibile, è presente ogni volta che un oggetto prende una botta senza subire deformazioni permanenti: in tal caso l’oggetto is è comportato in maniera elastica, flettendosi e comprimendosi ma senza subire effetti definitivi.


Questa caratteristica è però limitata: se la forza subita è eccessiva, la deformazione sarà permanente (regione plastica) o potrebbe perfino portare l’oggetto alla frattura: questo è ciò che accade quando, a causa di un colpo, un’armatura si ammacca oppure una spada si spezza.

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