
Dopo una lunga pausa, prosegue il nostro viaggio nella fisica per medievali, dove racconto le leggi della fisica con linguaggio ed esempi degni di un pensatore dello scorso millennio (abbondante)!
Nel precedente articolo, che potete recuperare a questo link, abbiamo introdotto due tipi di moti: il moto rettilineo uniforme (rettangolo blu) in cui la velocità resta costante nel tempo, e il moto uniformemente accelerato (triangolo rosso + eventuale rettangolo blu se il corpo non parte da fermo), in cui la velocità aumenta (o diminuisce) in maniera costante nel tempo, con una relazione velocità = tempo x accelerazione.
La superficie delle figure rappresenta lo spazio percorso: nel caso del rettangolo, si tratta semplicemente di base x altezza = tempo x velocità, mentre per il triangolo abbiamo base x altezza / 2: considerando che l’altezza, cioè la velocità, è a sua volta tempo x accelerazione, il risultato è accelerazione x tempo quadro / 2.

Moti in più dimensioni
Le cose se posson movere su et giù, a nord et a sud, a oriente et a occidente, et ciascuna direzione est indipendente dall’altre
Una caratteristica che si può evincere osservando il moto dei corpi è che gli oggetti si possono, in generale, muovere in direzioni differenti contemporaneamente e in maniera indipendente l’una dall’altra: ad esempio, si può camminare in avanti, oppure in avanti mentre ci si sposta anche leggermente verso destra, oppure in avanti saltando verso l’alto.
Queste direzioni sono per lo più arbitrarie: dove “nord e sud” sono ben definite, “avanti e indietro” dipende, da fatto, da come l’oggetto o la persona è girato.

Tuttavia è altrettanto evidente che ci sono delle coppie di direzioni opposte che non sono affatto indipendenti: non si può andare contemporaneamente verso est e verso ovest, o verso l’alto e il basso, o verso destra e sinistra.
Ciascuna di queste coppie di direzioni è detta dimensione e può essere rappresentata da un asse cartesiano.
Il concetto di dimensione è abbastanza evidente nei videogiochi “2d” o “3d”: nei primi il personaggio può muoversi solo nella direzione alto/basso dello schermo e quella destra/sinistra, mentre nei giochi 3d c’è anche un possibile movimento “in profondità”, verso il giocatore o nel verso opposto.

All’atto pratico, in fisica, si lavora spesso con un asse verticale “alto-basso” (ma non necessariamente, vedi l’infame piano inclinato) e con uno o due assi orizzontali, scelti in base alle esigenze tra qualcosa di più oggettivo (nord-sud e est-ovest) o soggettivo (avanti-indietro o destra-sinistra).
Moti diversi in direzioni diverse
S’io son su un carretto adagio et tiro verso l’alto un pomo, esso mi ricade in mano, ché sale et poi scende ma segue anche lo carretto
Non solo i corpi possono muoversi contemporaneamente in diverse direzioni indipendenti contemporaneamente, ma può anche farlo con moti strutturalmente differenti.
Nell’esempio sopra citato, un oggetto lanciato da un mezzo in movimento manterrà il moto orizzontale del mezzo (in avanti a una certa velocità) mentre, verticalmente, andrà in alto e poi in basso esattamente come se fosse stato lanciato da fermo, come si può vedere nel seguente filmato.
Possiamo vedere, negli ultimi lanci, che la palla resta indietro rispetto al veicolo perché rallentata dall’attrito con l’aria, mentre con oggetti più pesanti e tempi di volo inferiori l’effetto è molto ridotto.
Tralasciare l’attrito dell’aria è una delle premesse per uno dei moti in due dimensioni più caratteristici e propri dell’arte della guerra medievale: il cosiddetto “moto del proiettile”.
Per poter però capire come funziona questo moto, è necessario analizzare un momento il moto verticale.
Lancio verso l’alto
S’io lancio una cosa verso l’alto, tanto ella impiega a salire, tanto impiegherà a scendere: e se arriva a una certa altezza di tanto prima di giungere al culmine, dopo altrettanto tempo dopo il culmine risarà alla stessa altezza
Immaginiamo di avere un lungo palo verticale con una serie di tacche per misurare la posizione verticale, e di stare per lanciare verso l’alto un oggetto: quando si staccherà dalle nostre mani, associeremo alla sua posizione verticale il valore “0” (la sua “posizione iniziale”) e inizieremo a contare l’altezza da quel punto.
Un simile oggetto è soggetto a una velocità iniziale, impressa dalle mani verso l’alto, e all’accelerazione di gravità verso il basso, che si manifesta in maniera evidente appena l’oggetto si stacca dalle nostre mani che si contrapponevano ad essa. Questo secondo fenomeno riduce via via la velocità dell’oggetto che sta salendo, fino a un punto in cui l’oggetto raggiunge la sua altezza massima: chiamiamo questo punto “vertice”.
Osservando il moto di un simile oggetto ci accorgiamo di alcune caratteristiche evidenti di simmetria nel moto del corpo:
- Il tempo richiesto per raggiungere il vertice è pari al tempo richiesto per cadere dal vertice fino all’altezza iniziale: se quindi, ad esempio, un corpo raggiunge il vertice in 3 secondi, impiegherà altri 3 secondi per tornare in mano, per un totale di 6 secondi.
- Se l’oggetto raggiunge una determinata altezza con un anticipo di tempo rispetto al vertice, impiegherà altrettanto tempo per ricadere fino alla stessa altezza: se quindi, ad esempio, un oggetto è all’altezza di 7 metri due secondi prima di raggiungere il vertice, tornerà all’altezza di 7 metri due secondi dopo aver raggiunto il vertice.
Lancio del proiettile
S’io tiro una freccia o altro proiettile, esso va dritto in avanti con la velocità ch’io gli ho dato, et verso l’alto salendo con la velocità ch’io gli do et poi tornando verso terra
Il moto di un proiettile è un archetipo di moto, tipico degli oggetti lanciati, che si svolge parallelamente in due direzioni indipendenti: un generico asse orizzontale, “in avanti”, e un asse verticale “alto-basso”.
Al fine di ottenere un simile fenomeno è necessario partire da quanto descritto nel precedente lancio verso l’alto, ma imprimere la spinta iniziale “diagonale“: il corpo avrà dunque una velocità iniziale “orizzontale” e una “verticale”.
Per quanto concerne il moto orizzontale, esso sarà dunque un normale moto rettilineo uniforme, nel quale la velocità sarà sempre uguale a quella iniziale perché nessuna forza agisce orizzontalmente sul corpo dopo il lancio (salvo quella di attrito che viene però quì trascurata): il proiettile dunque proseguirà, percorrendo una distanza pari alla velocità orizzontale per il tempo di volo.
Il moto orizzontale, tuttavia, non ha effetto su quanto tempo il proiettile resterà in aria (salvo effetti di interazione con l’aria che abbiamo, come già detto, ignorato): la maggior parte della dinamica di questo moto è infatti definita dal moto verticale, equivalente a quello del lancio verso l’alto.
Consideriamo adesso i due moti insieme: il moto verticale definirà tutta la dinamica, con una prima metà del movimento nella quale il proiettile sale e una seconda metà, simmetrica, nella quale scende; il moto orizzontale si limiterà a spostare in avanti il proiettile di una quantità pari alla velocità iniziale (orizzontale) ogni secondo.
L’insieme di questi due fenomeni costituisce il cosiddetto moto parabolico, nel quale il proiettile segue una traiettoria a forma di parabola: la sua simmetria temporale, propria del lancio verso l’alto, si coniuga con il moto orizzontale producendo una versione estesa delle precedenti simmetrie.
- Tanto il tempo quanto lo spazio per raggiungere il vertice è pari a quelli per cadere dal vertice fino all’altezza iniziale: la posizione orizzontale del vertice sarà proprio a metà della traiettoria.
- Se l’oggetto raggiunge una determinata altezza con un anticipo di tempo (e di spazio) rispetto al vertice, sarà nuovamente alla stessa altezza dopo altrettanto tempo (e spazio) dal vertice

Archi e catapulte
Ma come funzionano le armi in grado di lanciare, effettivamente, dei proiettili che si muovano descrivendo il sopracitato “moto di un proiettile”?
La maniera più semplice per ottenere un simile effetto è scagliare un proiettile a mano: rientrano in questo concetto, di diritto, i giavellotti, ma anche coltelli e asce da lancio (pur avendo una dinamica rotatoria più complessa) e, perché no, i sassi!

Più interessanti però sono le armi che usano l’energia elastica per lanciare un proiettile: il caso più famoso è ovviamente l’arco. Un arco funziona, in prima approssimazione, come una molla: più viene tirato, maggiore sarà la forza con cui si egli stessi si oppone. L’energia che noi consumiamo per tendere un arco viene accumulata nell’arco stesso e rilasciata quando il proiettile viene lanciato.
Potremmo ottenere un effetto simile lanciando la freccia noi stessi, ma l’arco ha una serie di vantaggi: oltre a essere più preciso, esso permette di usare tutta una serie di differenti muscoli, più forti nel nostro corpo, e dunque imprimere velocità maggiori che, per i più potenti (e duri da tendere) archi lunghi inglesi, raggiungono i 60 metri al secondo (oltre 200km/h!).

Un’altro uso, meno evidente, dell’energia elastica è in alcuni tipi di catapulte: nello specifico, l’onagro, di derivazione romana ma usato anche nel medioevo, vede la sua energia accumulata nella torsione di un fascio di funi che, liberate, proiettano in avanti il braccio della catapulta.
La più famosa catapulta del medioevo, però, il trabucco, usa come propellente la gravità stessa: un grosso contrappeso dal lato opposto del proiettile viene, lentamente, innalzato e poi, all’uso, lasciato cadere repentinamente, trascinando con se uno dei due estremi del braccio stesso della catapulta e portando l’altro estremo a schizzare verso l’alto. Il trabucco nasconde in realtà un funzionamento fisico molto complesso, essendo infatti costituito da un pendolo multiplo: vi lascio il video sottostante per un’idea più precisa!
Appendice – Conti sul lancio
Ripartiamo dal lancio verso l’alto, riprendendo l’equazione del precedente articolo:
Spazio Percorso = Velocità iniziale x Tempo + ½ x Accelerazione x Tempo al quadrato
Invece che di spazio percorso, parleremo adesso di Posizione (lo possiamo fare perché abbiamo deciso che poniamo lo “0” all’inizio del moto), o meglio ancora “altezza”: prenderemo come positiva la direzione verso l’alto (d’altra parte l’altezza aumenta… andando in alto!).
La velocità iniziale risulta quindi positiva, mentre l’accelerazione di gravità, che spinge gli oggetti verso il basso, verrà presa con il segno negativo.
Altezza = Velocità iniziale (verticale) x Tempo – ½ x Accelerazione (di gravità) x Tempo al quadrato
Chiamiamo “h” l’altezza, “Viy” la velocità iniziale (verticale), “t” il tempo, “t2” il tempo alla seconda e “g” l’accelerazione di gravità:
h= Viy x t – ½ x g x t2
Possiamo alla stessa maniera scrivere la velocità “Vf”, che inizialmente è pari alla velocità iniziale e cambia via via di una quantità pari all’accelerazione (negativa) per il tempo:
Vfy = Viy – g x t
E’ tempo di fare un paio di conti: innanzitutto, se vogliamo sapere quando un oggetto torna all’altezza iniziale, possiamo semplicemente… chiederlo all’equazione!
Per farlo, chiederemo che l’altezza “h” sia 0.
h = Viy x t – ½ x g x t2 = 0
Immaginando di sapere velocità iniziale e accelerazione, l’unico elemento ignoto (la cosiddetta incognita) in questa equazione è il tempo: l’equazione ci dirà dunque proprio QUANDO accade ciò che abbiamo chiesto, cioè che l’altezza dell’oggetto dal punto di partenza sia nulla.
Per risolvere questa equazione ci sono diversi metodi, ma quì vi mostrerò il più semplice: il bistrattatissimo e apparentemente inutile raccoglimento.
E’ possibile infatti raccogliere un tempo a primo membro:
t ( Viy – ½ x g x t) = 0
Ora, se il secondo membro è 0, lo sarà anche il primo, che a questo punto è pari al prodotto di due termini: se uno dei due è zero, l’equazione è soddisfatta.
I termini sono:
- Tempo = 0. Questo è vero al lancio, cioè quando l’oggetto è ancora all’altezza iniziale. Tutto regolare!
- Velocità iniziale – ½ x Accelerazione (di gravità) x Tempo = 0. Questo è vero (risolvendo come equazione di primo grado) quando t= 2 x Viy / g. Questa seconda soluzione rappresenta il tempo necessario perché l’oggetto torni all’altezza iniziale.
Adesso chiediamoci quando il corpo raggiunge il vertice: esso accade quando la velocità “Vf” è nulla.
Vfy = Viy – g x t = 0
Risolvendo l’equazione, si ottiene t = Vi / g, che casualmente è proprio metà del tempo che abbiamo trovato nel precedente conto: così facendo abbiamo dimostrato che il tempo per raggiungere il vertice è pari a quello per tornare indietro.
Nella seconda metà del tempo, poi, la velocità diventa negativa: questo perché, a causa del segno “-” dell’accelerazione, la velocità si riduce nel tempo e, dopo il vertica, cambia di segno.

Se poi l’oggetto sta compiendo un moto del proiettile esso si muoverà orizzontalmente secondo un moto rettilineo uniforme:
Spazio = velocità (iniziale) orizzontale x tempo
Chiamando lo spazio percorso “z” e la velocità iniziale “Viz” abbiamo:
z = Viz x t
Sostituendo i due valori precedenti per il tempo otteniamo:
z (vertice) = Viz x Viy / g
Gittata = z (atterraggio) = 2 x Viz x Viy / g
Anche stavolta il vertice risulta a metà della traiettoria totale.
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