La logica matematica è da sempre considerato a livello generale un ambito piuttosto ostico da imparare. Fortunatamente ci viene incontro Alessio Iurman, inventore di cu3it (pronuncia “cubit”), un divertente ibrido tra gioco da tavolo e materiale didattico per scoprire tutti i segreti delle implicazioni logiche!
Cu3it è un gioco che mi ha colpito per la sua semplicità e interesse: un gioco piccolo, ma che risponde perfettamente al suo scopo, quello di spiegare in maniera rapida ed efficace le implicazioni degli operatori logici, i loro opposti e le loro intersezioni mediante strumenti pratici come colori e forme.

Ciao Alessio! Raccontaci, come è nata la tua passione per la matematica?
Penso sia naturale attribuire il mio lavoro sul percorso ludo-didattico, che ho chiamato cuBit (come combinazione delle parole cubo e bit, da cui la grafia con la c iniziale sempre minuscola), ad una ipotetica passione per la matematica, ma nutro seri dubbi in merito. Poichè circa l’80% della popolazione ritiene che la matematica sia il regno delle astruserie, le mie ricerche devono apparire come frutto di una anomala e poco edificante passione.
Nel mio caso direi che si tratta di “attrazione” da parte di concetti che mi affascinano, indipendentemente dalla loro classificazione accademica: la matematica subisce e sconta un isolamento che impedisce di coglierne gli aspetti più “simpatici”, ma anche soprattutto le strutture matematiche presenti in ogni processo razionale, dal più elementare al più astruso.
E quella, invece, per i giochi?
Mi sembra che la mia “passione per i giochi” rientri nei livelli, diciamo, dei “fondamentali”. Nel corso degli anni, molti giochi mi hanno affascinato per qualche tempo, cercando di approfondirne le basi e migliorare le mie prestazioni, mi sembra senza superare quasi mai il livello “schiappa”.
Tornando però in argomento, anche in questo caso mi pare che possa essere “interessante” pensare al gioco come un atteggiamento “ludico” verso le proprie attività, comprese quelle che rientrano nella sfera degli obblighi: considerare il gioco come pura funzione “ricreativa”, ovvero “recupero” delle forze necessarie al “vero” lavoro… ecco, a me sembra una visione un po’ ristretta.
Mella mia lunga esperienza lavorativa nella progettazione di software applicativi, ho avuto la senzazione di costruire dei giochi, cioè meccanismi che rispondevano in modo controllato alle azioni degli utenti finali.
Certo non tutti i “mestieri” si prestano a questa interpretazione, ma forse anche la ricerca degli elementi ludici in un ambito anche estremo, sarebbe essa stessa un gioco.

In che modo Cubit mette assieme queste due passioni? Quali finalità didattiche mostra?
La mia preferenza va ai giochi nei quali un insieme ridotto di regole ed oggetti, genera meccanismi complessi, come i giochi da scacchiera e molti rompicapo, quali, ad esempio, il Sudoku: tuttavia il cuBit non è inizialmente nato con la finalità di creare un gioco, ma solo quello di rendere “visiva” l’opposizione logica.
Negli anni ’70 il Centro di Calcolo dell’Università di Trieste offriva corsi extracurriculari per laureati, e noi tecnici tenevamo lezioni di informatica; tutti avevamo notato un errore diffuso: la maggior parte degli studenti riteneva che l’opposto logico di “minore” fosse “maggiore” e non “maggiore o uguale”, e sbagliava nella progettazione di moltissimi algoritmi. Una delle cause è dovuta alla debole distinzione tra Il “vero” opposto logico di “minore”, che sarebbe “NON minore”, e la sua estensione insiemistica; “maggiore o uguale” è infatti il “complemento insiemistico” di “minore”, quindi leggermente diverso da “NON minore”.
Da qui, l’idea di collocare i tre segni <, =, >, ed i loro rispettivi complementi ≥, <>, ≤ sulle 6 facce di un cubo, però in modo che gli opposti logico-insiemistici, cadessero su opposte facce del cubo. Questo semplice stratagemma facilitava la memorizzazione dei concetti e riduceva i margini di errore. In seguito, poi, emergeva una curiosa coincidenza: la mappatura delle relazioni sul cubo, rendeva significativa la disposizione, tre a tre, delle relazioni adiacenti allo stesso vertice. Scelsi allora di evidenziare tali coincidenze, per distinguerne le proprietà logiche: ne risultava un curioso poliedro a 12 facce, versione finale del cuBit. Con mia grande sorpresa, uno dei modi più “naturali” di procedere nella formazione delle terne, costituiva un divertente rompicapo solitario, che divertiva e stupiva collaudatori di tutte le età, e si prestava tanto ad un uso strettamente scolastico, quanto all’intrattenimento ludico.
Cosa possiamo aspettarci dal futuro di Cubit?
Penso che al momento sia difficile fare previsioni sui futuri destini del progetto ludo-didattico cuBit, tuttavia il supporto offerto dall’associazione La Dimora, ed il possibile appoggio di FederLudo, potrebbe aprire alcuni canali di diffusione ed utilizzo di questi inediti sussidi didattici, in buona parte facilmente realizzabili.
Una ulteriore possibilità di diffusione potrebbe essere presentata come progetto STEM, ipotesi ora allo studio ed aperta ad ogni collaborazione.
Dunque, il lavoro da fare non manca di certo.
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